venerdì 5 giugno 2020

Etica e mito -Step#21

Per fare uno studio sull'etica e per collegarla al mito, dobbiamo intraprendere una giusta analisi del termine per non cadere in errore. Secondo l'enciclopedia online della Treccani: "etica. In senso ampio, quel ramo della filosofia che si occupa di qualsiasi forma di comportamento (gr. ἦθος) umano, politico, giuridico o morale; in senso stretto, invece, l’etica va distinta sia dalla politica sia dal diritto, in quanto ramo della filosofia che si occupa più specificamente della sfera delle azioni buone o cattive e non già di quelle giuridicamente permesse o proibite o di quelle politicamente più adeguate."

Alessandro Catelani
Data questa prima definizione, non possiamo prescindere dal citare il costituzionalista Alessandro Catelani: "Il diritto senza l’orizzonte etico è fonte d’arbitrio. L’etica senza un’articolazione nel diritto è cieca."

La giustizia non può che essere un indispensabile punto di equilibrio tra diritto, etica e religione, un "compromesso" auspicabile che emancipa dall'istinto vendicativo proprio della natura umana dispensando punizione e conforto.

Sul tema, complesso quanto universale, è illuminante Giustizia e Mito (Il Mulino) scritto da Marta Cartabia, professoressa ordinaria di Diritto costituzionale e attualmente Vicepresidente della Corte costituzionale, insieme con Luciano Violante, già magistrato, parlamentare e professore ordinario di Diritto e Procedura penale. Il libro indaga l'universalità di concetti come legge, morale e religione, affrontando gli enigmi senza tempo del diritto, sempre vivi nella società attuale. E allora ecco i miti di Antigone ed Edipo, testimoni dell'eterno conflitto tra coscienza individuale, e ragion di Stato, tra legge morale e legge positiva, tra verità soggettiva e verità oggettiva, tra domanda di giustizia e intransigenza nell'applicare quella vigente. Antigone ed Edipo, portatori di un'idea personale di ciò che è giusto e di una convinzione caparbia che li trascina ineluttabilmente verso la "tragica rovina".




"Diritto, religione e morale sono sempre in necessaria relazione fra loro" avverte Marta Cartabia ,"ma allo stesso tempo sono irriducibili l'uno alle altre". 

Eschilo

Un'altra tragedia, l'Orestea di Eschilo, ci mette di fronte al messaggio che anche quando la giustizia è amministrata in modo illuminato liberandoci dell'istinto vendicativo che alberga in ogni essere umano, le aspettative individuali di giustizia non saranno mai del tutto appagate. Questa giustizia sapiente, però, quella che "punisce e premia", resta comunque la via migliore possibile, ancorché "tortuosa", soprattutto rispetto al biblico "occhio per occhio" e all'eterna tentazione del farsi giustizia da sé. Perché la storia dell'umanità dimostra che "reagire al male con il male" porta soltanto vendetta, crudeltà infinita e distruzione.

Se si smarrisce questa consapevolezza e ci lasciamo sopraffare, come ci ricordano i greci, dal peccato di hybris, non smetteremo di essere delusi, insoddisfatti e sempre più ingiusti. Come segnalato in Giustizia e mito, è quello che ci documentano le due tragedie, Edipo re e Antigone, in cui l'irrigidimento di tutti i protagonisti su una loro idea di giustizia, che pur avviene in modi a ciascuno peculiari secondo l'etica personale d'ognuno, li porta verso la rovina tragica, proprio in nome dell'affermazione "incondivisa" del giusto che sentono di portare in sé.

Il rapporto tra legge, religione e morale è uno dei problemi più complessi su cui si interrogano filosofi e teologi di ogni tempo. Non vi è dubbio che quando leggiamo in ogni codice penale che l'omicidio è uno dei più gravi delitti, punito con le sanzioni più severe, non possiamo non sentire l'eco del quinto comandamento: "Non uccidere". D'altra parte, sappiamo bene, che al di là di un indispensabile nucleo essenziale di valori condivisi, nelle società multietniche e multiculturali imporre con legge un precetto religioso o morale può significare una grave compressione della libertà delle persone e dei gruppi: una imposizione della maggioranza del momento sui gruppi di minoranza.

Diritto, religione e morale sono sempre in necessaria relazione fra loro, ma allo stesso tempo sono irriducibili l'uno alle altre. L'esperienza politica del continente europeo nell'ultimo secolo ha assistito alle gravi conseguenze che si generano quando la legge, volendo imporre un assetto di valori, è divenuta forza tirannica e totalitaria, nella forma dello stato etico che è inevitabilmente stato assoluto. Ma lo stesso è accaduto quando, all'opposto, si è tentato di separare totalmente il piano del diritto dal piano della morale, sotto l'influsso del positivismo giuridico: allora la legge ha finito per diventare un puro atto di volontà indifferente al contenuto del comando che essa poneva. E così, per altra strada, la storia d'Europa è di nuovo stata attraversata dall'esperienza di un nuovo stato assoluto di diverso segno. Dopo la tragica epoca dell'ingiustizia della legge con le infami leggi razziali italiane e tedesche degli anni '30 del Novecento si è compreso che il diritto e la giustizia dovevano tornare a dialogare, che il diritto e la morale dovevano gravitare su orbite distinte, ma non del tutto inincidenti.


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