domenica 14 giugno 2020

Dialoghi "quasi" mitici -Step#25

Due amici di vecchia data, Andrea e Dario, si trovano nel solito bar vicino casa. L’estate sta finendo e i due sono tornati da poco in città dalle vacanze estive.

ANDREA.

(entra nel bar) Ehilà! Come andiamo? (abbraccia D.).

DARIO.

(dando una pacca sulla spalla ad A.) Tutto bene, caro! E tu?

ANDREA.

Non c’è male. E allora? Questa vacanzina? (si siede al tavolo).

DARIO.

Non hai idea di quante ne ho da raccontare (prende posto).

ANDREA.

Si va be’, sei il solito mattacchione!

DARIO.

Eh, sì! Mi sono dato alla pazza gioia (sorride ironicamente), e tu? (fa un cenno al cameriere per ordinare)

ANDREA.

Lo sai, ero con Giulia… (alza gli occhi al cielo) che noia quella tipa.

DARIO.

Non stare sempre a lamentarti. Sicuramente non sarà stato così male.

ANDREA.

Forse hai ragione. Alla fine mi sono goduto un po’ di mare, un po’ di relax e qualche bella ragazza (ride).

DARIO.

(ride) Tu sempre a quello pensi, birbantello!

ANDREA.

E tu che hai combinato?

DARIO.

Sai, solita solfa. In montagna, la natura, i ruscelli… Una fetta di paradiso il Piemonte.

Piuttosto, hai avuto notizie di Marco? (poi, voltandosi verso il cameriere) Due caffè, per piacere. (guarda A. cercando consenso) Tanto Marco ritarderà come al solito.

ANDREA.

Marco? Sempre in ritardo lui, quell’uomo è un mistero. Comunque no, non si è fatto sentire nemmeno una volta.

DARIO.

Lui sì che si sarà divertito a Mykonos!

ANDREA.

Eh già! Carlotta mi ha detto di averlo sentito. A quanto pare si è fatto fare i capelli rasta.

DARIO.

No, non ci posso credere! Sarà un’oscenità! (strabuzza gli occhi) Pensa che Giulio ha visto una foto di lui al pronto soccorso. Pare che sia finito in un giro di droga laggiù.

ANDREA.

Non dire assurdità! Sai che Marco è un po’ ingenuo, ma non si direbbe fino a tal punto.

DARIO.

(aiutando il cameriere a servire il caffè) Giulio dice che aveva sicuramente fatto a botte con qualcuno, perché aveva il naso rotto.

ANDREA.

(quasi sputando il caffè appena sorseggiato) Si è rotto il naso?!

DARIO.

A quanto pare… Speriamo non si sia trattato di qualcosa di eccessivamente grave.

ANDREA.

Speriamo… Anche perché sostenere le spese mediche non sarà facile per lui, dato che gli stanno pignorando la casa.

DARIO.

Cosa?! Non ne sapevo nulla! Non me ne ha mai parlato.

ANDREA.

Sai che non ama parlare di soldi. Non ne ha parlato neppure a me. Me lo ha raccontato la sua ex ragazza.

DARIO.

Mamma mia! Eppure, lui è un così bravo ragazzo (pensieroso sospira). Non è da lui.

ANDREA.

Hai proprio ragione Dariuccio, ma sai, magari è cambiato e non ce ne siamo nemmeno accorti (fa spallucce).

DARIO.

Quando eravamo più piccolini è sempre stato il più giudizioso dei tre. Ricordi? Noi sempre lì a far baldoria e lui con la testa fra i libri.

ANDREA.

Magari starà recuperando il tempo perso in epoca liceale. Che so (ride).

DARIO.

Ma va! Proprio non me lo spiego…

ANDREA.

(porge le tazzine al cameriere) Grazie!

CAMERIERE.

A lei!

MARCO.

(entrando nel bar) Guarda chi si vede! Il gatto e la volpe! (ride)

ANDREA.

Eccolo! (ride)

DARIO.

Alla buon’ora, furfante! Dove hai lasciato i tuoi rasta? (continuando a ridere)

ANDREA.

Gli saranno caduti lungo la strada (ride). Ma poi, che rinoplastica perfetta, no? (cercando approvazione da A.)

DARIO.

Ma sì, chissà quanti danari avrà sganciato il nostro Casanova! (ride)

MARCO.

(prendendo posto) Ma di che diamine parlate voi cialtroni? Sempre a farneticare state.

DARIO.

Vedi che le notizie corrono veloci. Sappiamo tutto, vuota il sacco!

ANDREA.

(spalleggiando D.) Che vacanza da leoni, eh?

MARCO.

Non ho proprio idea di che cosa stiate parlando voi due. Sono stato a Mykonos a trovare mio zio Ioannis, mi sono preso cura di lui. Non ho fatto nessuna vacanza da leone… (si acciglia perplesso)

ANDREA.

Ma come? Non starai mentendo proprio a noi due. Sappiamo della casa pignorata.

DARIO.

A proposito, se hai bisogno di una mano, vieni pure a stare da me.

MARCO.

Pignorando la casa? Ma se l’ho appena comprata! (ride perplesso) Grazie Dario, ma non ne ho bisogno. Ma poi di che rinoplastica state parlando? Chi l’ha fatta? La moglie di Giulio?

DARIO.

Sì sì, certo! Fai pure il finto tonto, sappiamo del giro di droga in cui sei finito.

ANDREA.

Smetti di tenerci all’oscuro di tutto!

MARCO.

Certo, dimenticavo il traffico di farmaci che portavo dal negozio al letto dello zio (ride sarcastico).

DARIO.

Su, fa vedere (afferra il volto di M. dal mento e lo squadra). Proprio un ottimo lavoro, è proprio identico, non c’è che dire.

MARCO.

E mollami, idiota! (allontanando seccato la mano di D.) Non ho fatto nessun intervento. Smettetela di seccarmi, fate i seri.

ANDREA.

Non stiamo farneticando, scemo. Sono state diffuse notizie false sul tuo conto.

MARCO.

Siete dei pecoroni. Sentiamo, cosa vi hanno detto su di me?

DARIO.

Beh, Giulio mi ha detto di aver visto una tua foto al pronto soccorso e la tua carissima (ride ironicamente) ex ragazza mi ha detto della casa.

ANDREA.

A me quella stupida di Carlotta ha detto dei rasta.

MARCO.

Siete stati raggirati come dei citrulli. Non bisogna credere a tutto quello che la gente dice in giro.

DARIO.

Hai proprio ragione, mi sento così sciocco.

ANDREA.

Eh sì, avremmo dovuto chiedere direttamente a te, la fonte più attendibile di tutti. Ci dispiace.

MARCO.

Non vi preoccupate, sono cose che capitano. State più attenti in futuro (da una pacca sulla spalla a D. e A. per smorzare la tensione).

sabato 13 giugno 2020

Concentrato di mito -Step#24

Dal greco μῦϑος che significa “racconto”, “favola”, la parola mito oggi ha assunto il significato di “narrazione fantastica”. Trattandosi di un fenomeno che accomuna popoli, culture e civiltà di tutti i luoghi e tempi, si può riscontrare un termine equivalente in tutte le lingue del mondo.

Quello mitico è un genere letterario che oscilla tra la poesia e la narrativa e che affronta temi d’ogni genere, persino quello amoroso. Nei secoli molti sono stati i mezzi d’espressione che ha permeato quest’arte andando oltre i confini della letteratura: la pittura, la musica, il teatro, il cinema internazionale e italiano, le serie tv e anche la pubblicità.

Il mito è protagonista della nascita della filosofia, con il cosiddetto passaggio “dal mito al logos”. L’uomo antico decise di abbandonare le icone del passato in favore del ragionamento logico. Tra i filosofi che segnarono quest’evoluzione spicca di certo Platone, protagonista della filosofia dell’antica Grecia. Invero non è mai stata abbandonata la riflessione riguardo il mito. Nel medioevo i filosofi reinterpretarono in chiave cristiana i già noti miti antichi. Nel mondo moderno Giambattista Vico intraprese un’attenta analisi storico-antropologica di quest’ultimi. Infine, in epoca contemporanea i grandi letterati, come Borges, sono andati alla ricerca del mito originario.

Proprio Borges può essere considerato un luminare del mito, inteso come frutto di una memoria collettiva che richiama gli archetipi umani. Tale memoria può essere risvegliata in noi anche solo ammirando le numerose costruzioni antiche che popolano il nostro pianeta e che sembrano essersi fatte da sé.

Mito però non significa solo passato. È altrettanto affascinante scoprire i mondi utopistici generati dalla mente umana. Vi è però una netta differenza tra mito e utopia: il primo è frutto dell’immaginazione e della dimensione onirica, invece la seconda è prodotto dalla ragione. Entrambi i concetti possono avere dei risvolti negativi in quanto distopie e fake news. Il fenomeno delle fake news, in particolare, è tanto pericoloso quanto sfruttato per manipolare le masse in tempi di crisi.

In passato però il mito aveva una funzione pedagogica, insegnava ciò che era eticamente giusto. Nello Zibaldone, Leopardi infatti, costruì un’attenta analisi critica basata sullo scetticismo, non tralasciando però anche un certo aspetto platonico.

Mito e mondo sensibile sono l’uno specchio dell’altro, non esiste una netta differenza tra i due. Il mito è considerabile come il processato mentale della realtà.

lunedì 8 giugno 2020

Serie Tv -Step#22

"Incontri"


Prima puntata: Sera.

Cesare era un bambino molto sveglio, socievole e con un'ottima parlantina. Amava giocare in compagnia, scoprire il mondo e mangiare dolcetti. Una sera, attendendo che sua madre Carlotta preparasse la cena, stava sul divano a guardare la tv. Non poteva mancare alle 20 in casa Ferretti il tg di Mentana. Cesare non amava il telegiornale, ma si intratteneva a guardare le tante pubblicità. In particolare ce n'era una che lo proiettava in mondi assurdi. Si trattava della pubblicità di un profumo in cui esseri supremi dotati di poteri incredibili scioccavano tutti con la loro bellezza e magnificenza. Non ci fece mai molto caso, la fame e il profumino proveniente dalla cucina lo chiamavano.

Pronta la cena e iniziato il tg, la famiglia Ferretti si riunì attorno alla tavola per consumare il pasto. Di solito Cesare non prestava tanta attenzione alle farneticazioni degli adulti, ma ormai stava crescendo, era un ometto, voleva anche lui provare a entrare nel mondo dei grandi. Enrico Mentana parlava di fake news. Cesare non sapeva cosa significasse ciò e quindi chiese spiegazioni ad Alberto, il suo saggio padre. Alberto non sapeva come spiegare un fenomeno del genere, e perciò, lo liquidò dicendogli che si trattasse di falsi miti inventati da persone malvagie con scopi malefici.

Finita la cena e visto un film con mamma Carlotta, era l'ora di andare a dormire. L'infanzia è il momento decisivo in cui si costruisce la mitologia personale dell'uomo a partire dalla scoperta del mondo. Ed ecco che, aperta la porta del mondo onirico, Cesare sogna i residui di ciò che ha vissuto quella sera. Non capisce molto, i sogni non sono facilmente razionalizzabili, ma sogna e tanto.



Seconda puntata: Epifania.

Suona la radiosveglia e il conduttore radiofonico presenta la canzone “Sei un mito” di Max Pezzali. Scattò una scintilla nella mente di Cesare. Tutto finalmente si collegò olisticamente nella mente del bambino. Tutto tornava: la pubblicità del profumo, le fake news del tg, la canzone alla radio. Cesare aveva finalmente preso consapevolezza di come certe immagini che si proiettano per un unico istante nella nostra mente, stiano a richiamare il nostro Io interiore verso una più attenta analisi. Ma analisi di cosa? Dove portano questi fili di Arianna? Cesare è solo un bambino e non sa rispondere a questi quesiti.

Frastornato da tutte queste domande, fece colazione e si preparò per andare al parchetto vicino casa per giocare con gli altri bambini del q.artiere. Mamma Carlotta lo accompagnava spesso perché, essendo estate e non potendo permettersi la vacanza al mare, doveva pur trovare un modo per far svagare il bambino. Cesare ormai aveva un bel gruppetto di amici, habitué della villetta di quartiere. Come un Colombo che sa di aver scoperto qualcosa di nuovo ma non sa ancora di cosa si tratta, come quando si ha una parola sulla punta della lingua e si smania per riuscire a ricordarla, Cesare condivise immediatamente con i suoi amici il suo eureka. Si aspettava ovazione, curiosità, interesse. Invece la società di bambini non colse l'importanza delle sue parole e addirittura iniziarono a prenderlo in giro.

Cesare si sentì tradito, percepì una grande vergogna, voleva essere un Prometeo che porta il fuoco agli uomini, ma è stato preso per uno sciocco, un farneticante. Allora, ferito nell'orgoglio, prese a correre con fiumi di lacrime che dagli occhi scorrevano sulle glabre guance. Gli sembrò di aver corso così tanto da arrivare in una nuova dimensione, non era mai stato in quella zona del parchetto, mai avrebbe osato senza la presenza della mamma, eppure ormai vi si trovava.



Terza puntata: Sciagura.

Cesare iniziò ad errare soprappensiero per i sentieri della villetta. Quand'ecco che il giovane Dante incontrò il suo Virgilio, un tenero anziano che assomigliava ad una saggia civetta. Il vecchio era come una figura mitica, sembrava quasi un antico albero che avesse preso sembianze umane. Le folte sopracciglia, lo sguardo tenero e l'aria dolce rasserenarono Cesare che curioso gli si parò davanti. Senza nemmeno presentarsi, il bambino gli parlò della sua riflessione e della reazione dei suoi amici. Il saggio capì subito che si trattasse di una Odissea interiore, un viaggio infinito alla ricerca della propria mitologia, della propria vera essenza. Quindi gli parlò di cosa l'uomo è invero, trovando una risposta logica ad ogni domanda.

Tutto aveva finalmente senso, ma il prezzo per quelle risposte fu caro per Cesare. Il ragazzo nel momento dell'addio, fece per voltarsi, ma il vecchio riprese a parlare. Nulla si da in cambio di nulla, e perciò, il vecchio gli profetizzò un futuro oscuro. Cesare non ci fece molto caso, ma spaventato se la diede a gambe levate verso il luogo di ritrovo dei suoi amici, nella zona del parco più battuta da lui.

Si voltò solo un attimo per vedere se l'anziano fosse ancora lì, si rigirò e sbatté la testa contro un palo. Pochi secondi dopo rinvenne. Cesare era uscito dal paese delle meraviglie, aveva varcato una soglia metafisica. Non ricordava più nulla né di quanto appreso né delle sue riflessioni, e come se nulla fosse tornò dalla mamma. Carlotta lo rimproverò a gran voce, per poi lasciarlo tornare dai suoi amici solo dopo essersi assicurata che suo figlio non si sarebbe più allontanato.

Oggi Cesare s'è fatto adulto, nulla ricorda di quella esperienza, ma il monito del vecchio nel frattempo si è avverato. Cesare ha venduto la sua innocenza ad una multinazionale per cui lavora in qualità di ingegnere ed il mondo intorno a lui s'è fatto grigio per sua stessa mano. Egli non ricorda più l'importanza di una ricerca interiore del bene, del mito e della fantasia. Cesare stesso è l'artefice della distruzione del fu caro parchetto, in favore del grattacielo della nuova sede centrale della sua azienda.

venerdì 5 giugno 2020

Etica e mito -Step#21

Per fare uno studio sull'etica e per collegarla al mito, dobbiamo intraprendere una giusta analisi del termine per non cadere in errore. Secondo l'enciclopedia online della Treccani: "etica. In senso ampio, quel ramo della filosofia che si occupa di qualsiasi forma di comportamento (gr. ἦθος) umano, politico, giuridico o morale; in senso stretto, invece, l’etica va distinta sia dalla politica sia dal diritto, in quanto ramo della filosofia che si occupa più specificamente della sfera delle azioni buone o cattive e non già di quelle giuridicamente permesse o proibite o di quelle politicamente più adeguate."

Alessandro Catelani
Data questa prima definizione, non possiamo prescindere dal citare il costituzionalista Alessandro Catelani: "Il diritto senza l’orizzonte etico è fonte d’arbitrio. L’etica senza un’articolazione nel diritto è cieca."

La giustizia non può che essere un indispensabile punto di equilibrio tra diritto, etica e religione, un "compromesso" auspicabile che emancipa dall'istinto vendicativo proprio della natura umana dispensando punizione e conforto.

Sul tema, complesso quanto universale, è illuminante Giustizia e Mito (Il Mulino) scritto da Marta Cartabia, professoressa ordinaria di Diritto costituzionale e attualmente Vicepresidente della Corte costituzionale, insieme con Luciano Violante, già magistrato, parlamentare e professore ordinario di Diritto e Procedura penale. Il libro indaga l'universalità di concetti come legge, morale e religione, affrontando gli enigmi senza tempo del diritto, sempre vivi nella società attuale. E allora ecco i miti di Antigone ed Edipo, testimoni dell'eterno conflitto tra coscienza individuale, e ragion di Stato, tra legge morale e legge positiva, tra verità soggettiva e verità oggettiva, tra domanda di giustizia e intransigenza nell'applicare quella vigente. Antigone ed Edipo, portatori di un'idea personale di ciò che è giusto e di una convinzione caparbia che li trascina ineluttabilmente verso la "tragica rovina".




"Diritto, religione e morale sono sempre in necessaria relazione fra loro" avverte Marta Cartabia ,"ma allo stesso tempo sono irriducibili l'uno alle altre". 

Eschilo

Un'altra tragedia, l'Orestea di Eschilo, ci mette di fronte al messaggio che anche quando la giustizia è amministrata in modo illuminato liberandoci dell'istinto vendicativo che alberga in ogni essere umano, le aspettative individuali di giustizia non saranno mai del tutto appagate. Questa giustizia sapiente, però, quella che "punisce e premia", resta comunque la via migliore possibile, ancorché "tortuosa", soprattutto rispetto al biblico "occhio per occhio" e all'eterna tentazione del farsi giustizia da sé. Perché la storia dell'umanità dimostra che "reagire al male con il male" porta soltanto vendetta, crudeltà infinita e distruzione.

Se si smarrisce questa consapevolezza e ci lasciamo sopraffare, come ci ricordano i greci, dal peccato di hybris, non smetteremo di essere delusi, insoddisfatti e sempre più ingiusti. Come segnalato in Giustizia e mito, è quello che ci documentano le due tragedie, Edipo re e Antigone, in cui l'irrigidimento di tutti i protagonisti su una loro idea di giustizia, che pur avviene in modi a ciascuno peculiari secondo l'etica personale d'ognuno, li porta verso la rovina tragica, proprio in nome dell'affermazione "incondivisa" del giusto che sentono di portare in sé.

Il rapporto tra legge, religione e morale è uno dei problemi più complessi su cui si interrogano filosofi e teologi di ogni tempo. Non vi è dubbio che quando leggiamo in ogni codice penale che l'omicidio è uno dei più gravi delitti, punito con le sanzioni più severe, non possiamo non sentire l'eco del quinto comandamento: "Non uccidere". D'altra parte, sappiamo bene, che al di là di un indispensabile nucleo essenziale di valori condivisi, nelle società multietniche e multiculturali imporre con legge un precetto religioso o morale può significare una grave compressione della libertà delle persone e dei gruppi: una imposizione della maggioranza del momento sui gruppi di minoranza.

Diritto, religione e morale sono sempre in necessaria relazione fra loro, ma allo stesso tempo sono irriducibili l'uno alle altre. L'esperienza politica del continente europeo nell'ultimo secolo ha assistito alle gravi conseguenze che si generano quando la legge, volendo imporre un assetto di valori, è divenuta forza tirannica e totalitaria, nella forma dello stato etico che è inevitabilmente stato assoluto. Ma lo stesso è accaduto quando, all'opposto, si è tentato di separare totalmente il piano del diritto dal piano della morale, sotto l'influsso del positivismo giuridico: allora la legge ha finito per diventare un puro atto di volontà indifferente al contenuto del comando che essa poneva. E così, per altra strada, la storia d'Europa è di nuovo stata attraversata dall'esperienza di un nuovo stato assoluto di diverso segno. Dopo la tragica epoca dell'ingiustizia della legge con le infami leggi razziali italiane e tedesche degli anni '30 del Novecento si è compreso che il diritto e la giustizia dovevano tornare a dialogare, che il diritto e la morale dovevano gravitare su orbite distinte, ma non del tutto inincidenti.


Fonti:

mercoledì 3 giugno 2020

Zibaldone dei pensieri "mitici" -Step#20


In Italia dimentichiamo spesso di aver avuto un ottimo filosofo - oltre che scrittore - di rilevanza tale da non essere eclissato dai filosofi romantici tedeschi. Si tratta del celeberrimo Giacomo Leopardi, ben più noto, infatti, come poeta.


L'opera che racchiude l'insieme dei pensieri e delle riflessioni dell'italico autore è - come mostrato dall'immagine - lo "Zibaldone di pensieri". In quest'opera Leopardi affronta i più svariati temi filosofici, passando anche per il mito.

Il pensiero mitico non è appannaggio solo delle società arcaiche o primitive, come già dimostrato nei miei articoli precedenti sul "mito contemporaneo" e sul "mito moderno". 
Il mito non si presenta più in quanto tale, ma sotto la luce della distanza critica. Esso ha valore allegorico (i miti religiosi, per esempio), o indica un’idea o una costruzione che non ha alcun rapporto con la realtà. L’idea del mito in Leopardi può sembrare paradossale, poiché il poeta rivendica «uno scetticismo ragionato e dimostrato» ma, che denuncia a partire dalla teoria empirica della «conformabilità», i miti delle idee innate, delle idee platoniche, ma anche l’idea di Dio stesso. In realtà da sempre Leopardi è stato attratto dal mito, come testimonia il saggio Sopra gli errori popolari degli antichi del 1815, che rappresenta un’immersione critica nelle superstizioni mitiche degli antenati. In un rapporto quasi contradditorio con l’idea di Platone, Leopardi denuncia le sue idee, considerandolo come «il più profondo, il più vasto e sublime filosofo tra gli antichi», nel suo diario Zibaldone dei pensieri. Dunque è una contraddizione apparente tra denuncia e fascino per il mito, che si trova nelle opere di Leopardi.

Il termine «mitologia», «acerbissima mitologia», è prodotto dalla ragione quando essa pretende di operare facendo astrazione dal «sistema della bellezza, delle illusioni». Leopardi rivendica solamente lo «scetticismo ragionato», che ritroviamo a volte nella sua poesia come nei Canti. Questo scetticismo si potrebbe rivelare come un mito personale del grande poeta. Per Nietzsche, Leopardi è un «ultra platonico».

Dall'alto scendendo verso destra: Giacomo Leopardi, Platone, 
Friedrich Nietzsche


La filosofia di Nietzsche è a volte un’accusa contro la tradizione filosofica occidentale che avrebbe opposto il mondo sensibile a quello ideale. Quest’opposizione, secondo Nietzsche, risulta da una proiezione personale dei filosofi. Leopardi mantiene una dicotomia tra un al di là, il nulla, è un qui percepito come reale e insignificante. Il nulla per Leopardi non indica solamente l’impossibilità di mostrare l’essenza delle cose, ma il nulla è la realtà vissuta e percepita durante le esperienze personali evocate nello Zibaldone, il diario intellettuale poeta: «Io ero spaventato di trovarmi nel mezzo al nulla, un nulla io medesimo. Mi sentivo soffocare, considerando e sentendo che tutto è nulla, solido nulla».
Questa realtà Leopardi l’ha tradotta nella sua poesia attraverso il motivo del nulla, ma anche molto discusso nelle Operette morali che trasmettono le riflessioni materialiste del poeta sull’universo. La materia e l’universo sono eterni per Leopardi, invece gli esseri e le cose sono destinate a perire e a ritornare da dove sono venute, cioè nel non essere. Leopardi fa del nulla l’origine e la fine di tutte le cose, esprimendo così la sua idea dell'essenza del pensiero occidentale. Le cose vengono dal nulla e rappresentano il nulla.


Fonti:
http://www.orizzonticulturali.it/it_studi_Alina-Monica-Turlea.html

domenica 31 maggio 2020

Utopia o mito? -Step#19

Devo ammettere che non è facile immaginare qual è la differenza tra utopia e mito. Per un'analisi più attenta mi sono affidato al dizionario online Treccani che cito:

"utopìa s. f. [dal nome fittizio di un paese ideale, coniato da Tommaso Moro nel suo famoso libro Libellus ... de optimo reipublicae statu deque nova Insula Utopia (1516), con le voci greche οὐ «non» e τόπος «luogo»; quindi «luogo che non esiste»]. – 1. Formulazione di un assetto politico, sociale, religioso che non trova riscontro nella realtà ma che viene proposto come ideale e come modello; il termine è talvolta assunto con valore fortemente limitativo (modello non realizzabile, astratto), altre volte invece se ne sottolinea la forza critica verso situazioni esistenti e la positiva capacità di orientare forme di rinnovamento sociale (in questo senso utopia è stata contrapposta a ideologia)."

Utopia, Thomas More.


L’utopia non è speranza, né significa pensare a ciò che possa essere nella sua integrità perfetto poiché l’idea di perfezione è già frutto della speranza di reintegrazione di una condizione passata ritenuta ottimale. Solo attraverso i miti questa idea di perfezione vuole rivivere la condizione originaria, consentendole di farla emergere anche nei tempi odierni. Tuttavia, se il mito è sogno dell’immaginazione che guarda al passato, l’utopia è rappresentata dalla ragione che fa riferimento all’età futura. Le utopie moderne riguardano città ideali concepite su un piano razionale, nate durante l’età della ragione e nel momento in cui entra in crisi il millenarismo. La realizzazione dell’utopia avviene attraverso la personificazione dell’anima e quest’ultima non si fonda sulla speranza di un paradiso, ma su un incremento della conoscenza. Ha pertanto origine dalla scienza e consente all’uomo di uscire dalla condizione di “ferinità” per accedere ad una società migliore. L’utopia è dunque il sogno dell’età della ragione, di una umanità uscita dal Medioevo che pone tutte le proprie speranze nello sviluppo della ragione. Il mito fa riferimento al passato, mentre l’utopia è completamente rivolta al futuro, in cui bisogna raggiungere una condizione di progresso.
Francis Bacon

Per tale motivo, un filosofo come Francis Bacon non fu un rivoluzionario per le concezioni scientifiche, ma lo fu perchè immaginò una società utopica governata dai sapienti, ovvero da coloro che si dedicavano alla conoscenza delle caratteristiche della natura, affinchè quest’ultima si mettesse a servizio dell’uomo.

Possiamo parlare di utopia all’interno della società? Il socialismo è la massima espressione di questa concezione di perfezione, secondo cui ciascuno che ricopre un ruolo ben preciso ha il compito di restare al proprio posto per una nuova finalità generale. L’utopia infatti, come già detto, non deve prospettare un ritorno ad uno stato originario, ma descrivere uno stato o una condizione storica alternativa. Quest’ultima esiste all’interno della società che crede in se stessa e nelle possibilità della ragione umana e della rivoluzione futura. Una società che vede il futuro come pericolo tende a guardare indietro, e quindi verso il mito, considerato come un ricordo nostalgico, risalente all’età dell’oro.
Oggi non si scrivono più utopie ma “distopie”, perché ci chiediamo. La risposta arriva da una conferenza del professore Francesco Coniglione
"Perchè noi non crediamo più nelle capacità dell’uomo e nella costruzione di un futuro mediante il solo utilizzo della ragione”
Francesco Coniglione,
presidente nazionale della Società Filosofica Italiana.


Fonti: